Un paio di giorni fa rincasando mi sono fermata a osservare una persona. Giovane, poco più di 30 anni, alto, bei lineamenti, arrancava per le scale trascinandosi una busta della spesa, all’apparenza non troppo piena. Cosa c’era di anomalo ? Era obeso. Mi sono fermata a osservare, ed è stato impossibile non empatizzare lo sforzo di quest’uomo, che insieme al sacchetto della spesa issava su ad ogni gradino un centinaio di chili. Potevo sentire la sua fatica, la tensione dei suoi muscoli, il peso sulle sue articolazioni, persino il battito del suo cuore, ormai adattato all’enorme impegno di lavorare per l’equivalente di due persone. Questo è quello che ho sentito. E ho pensato che qualsiasi fosse l’origine del disagio che ha portato questa persona a trasformarsi, a non riconoscersi più dinanzi allo specchio, a sprofondare nel letto ogni sera, ad issarsi col paranco ogni mattina, valeva comunque la pena tentare di non arrendersi, mettere un freno a questo adattamento lento, graduale, inesorabile e permettere alla vita di dare una nuova spinta in avanti. Occorrerebbe allora non lasciare mai sole le persone che hanno un disturbo del comportamento alimentare, ricordando loro e nutrendo la fiducia che possono farcela, che non sono sole, siano esse obese o anoressiche. Lo dico da operatore per gli operatori, ma anche per i familiari, gli amici che molto possono nell’azione terapeutica a favore di questi pazienti.
Con gli occhi lucidi, visibilmente commossa, una mia paziente mi raccontava nei giorni scorsi di aver visto in TV uno spot sui DCA che finiva con lo slogan “Date peso al loro amore”. Diventare consapevole del nesso tra DCA e disturbo affettivo per lei è stato importante. E questa consapevolezza è il primo, fondamentale, passo verso la Guarigione.