La donazione del Buon Samaritano: ragionare dal punto di vista del corpo.

Oggi ho deciso di trattare un tema che apparentemente non c’entra niente con il Cibo amico, ma che in realtà penso possa essere utile come spunto di riflessione su come funziona il nostro corpo, considerato che ci serve a capire anche il nostro rapporto con la nutrizione.
Un convegno organizzato a Catania da un’amica su questa nuova tendenza nel mondo del trapianto di reni, mi ha indotto a fare una serie di riflessioni sulla donazione del Buon Samaritano (l’organo è espiantato da un vivente e non da un cadavere) in un’ottica diversa, nell’ottica del corpo eterico, proprio come un orientale vedrebbe questa proposta (considerato anche che finora questa pratica chirurgica vige principalmente nella nostra cultura occidentale).
donazione organi
Mi chiedo se la nostra società sia pronta per conoscere l’Amore, perché di Amore si tratta. La donazione del Buon samaritano fa riflettere su due aspetti: il primo riguarda l’istinto di sopravvivenza e autoconservazione che ci caratterizza come specie e che quando è deficitario può portare a manifestazioni di autolesionismo che possono anche sfociare nel suicidio. Questo istinto può essere sublimato in un atto di donazione oblativa quando reputiamo ancor più grande della nostra incolumità fisica l’importanza della vita dell’altro, soprattutto se congiunto. Sapere che il nostro corpo continuerà a funzionare in realtà è relativo perché è un’acquisizione mentale. Ma sappiamo che il nostro corpo ha una controparte energetica che lo guida aldilà di noi, del potere della nostra mente. Ha una sua memoria che potremmo definire energetica, e che va informata adeguatamente, preparata a ricevere la nuova condizione. INFORMATA. Perché, comunque, da un graffio ad un intervento chirurgico, sempre di trauma si tratta e l’organismo fisico-energetico mette in moto dei meccanismi di riparazione che tentano la restitutio ad integrum e che quindi vanno adeguatamente “informati”. Ricordate il fenomeno dell’arto fantasma, che, in seguito all’amputazione di un arto, dà al soggetto la sensazione percettiva della presenza dell’arto amputato ? Questo avviene perché, come da sempre gli orientali ci ricordano, il nostro corpo fisico è sostenuto da una trama energetica fatta di una sostanza che permea lo spazio e che gli scienziati da sempre indagano, l’Etere. Quel pezzetto di etere che tiene insieme il nostro corpo, sostanza che alcuni chiamano forza vitale o vita stessa, va informato. Ha in sé la memoria che poi il nostro sistema nervoso centrale e autonomo decodifica in stimoli percettivi e funzionamento degli organi. Chiedere la collaborazione del nostro corpo vuol dire renderlo partecipe, informarlo. Proporre la donazione del buon samaritano è un atto di grande fiducia nell’evoluzione della coscienza del genere umano. In un’ottica evolutiva questo è possibile nel caso in cui la persona senta una forte spinta oblativa che ne fa superare qualsiasi disagio e permette all’organo di essere “donato con tutto il cuore”.
Veniamo adesso al secondo punto di riflessione: il tema dell’Affinità tra donatore e ricevente. Quest’organo deve funzionare, e non è un caso che al di là dei test di istocompatibilità, spesso ci troviamo di fronte a casi in cui l’organo non vive a lungo, garantendo al trapiantato un’autonomia di 10, nel migliore dei casi 15 anni, prima di tornare in dialisi. Vediamola nell’ottica dell’affinità e complementarietà tra le persone che creano questa speciale relazione di dono.
E’ chiaro che se si tratta di consanguinei specie coniugi o genitori/figli (nel caso in cui il genitore dona al figlio) è più frequente il fattore oblativo che scatta in seguito ad una profonda relazione di affinità che va al di là della componente affettiva, data dalla creazione negli anni di un rapporto che ha permesso un adattamento costante della frequenza di questo corpo energetico. Ne è prova la somiglianza anche fisica che coppie di coniugi, unite da un forte legame sintonico, spesso manifestano. La sintonia dei corpi energetici è la garanzia di successo dell’operazione e della longevità dell’organo. Perché quell’organo viene donato con tutta l’energia eterica intatta, come dicevamo prima “con tutto il cuore”. Il termine Buon Samaritano è pericoloso, può agganciarsi ad un meccanismo morale che obbliga il potenziale donatore a offrirsi volontariamente: è frequente tra fratelli laddove il pressing familiare può agire e generare senso di colpa. Ma spesso viene incontro il basso livello di istocompatibilità che salva l’individuo da questa scelta “dovuta”. In conclusione credo che la sfida della “donazione del buon samaritano” sia una prova d’Amore e non può mai essere né dovuta né pretesa, ma semplicemente accolta nel momento in cui si presenta la spinta oblativa, che spesso rappresenta un patto più profondo tra le coscienze degli individui coinvolti in questo scambio.

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