Leggo su “Altro Consumo”, rivista dell’associazione che da anni seguo con attenzione perché svolge un servizio considerevole a favore del consumatore, un articolo sul Processo al Glutine.
Scopo dell’autore è chiaramente quello di informare per non eccedere nella demonizzazione contro un componente di alimenti così diffusi nella nostra cultura.
Ho apprezzato il riquadro con l’intervista al gastroenterologo Corazza, ma non il titolo parziale che vuole sottolineare l’andamento dell’inchiesta “Rischia grosso chi si autoprescrive una dieta gluten free senza aver prima verificato di essere celiaco o no”.
Dal mio punto di vista comprendo l’utilità di distinguere gli affetti da Celiachia da coloro che hanno un intestino infiammato per varie cause. Possiamo però ricordare che il suggerimento diffuso di ridurre gli alimenti con glutine, in una società dove i prezzi bassi sono garantiti da un’agricoltura intensiva che ha selezionato in brevissimo tempo piante con componenti più resistenti e quindi più aggressive per l’intestino ( che ha i suoi tempi “generazionali” di adattamento), è comunque “cosa buona e giusta”. Lo stesso prof. Corazza ricorda che la prolina, di cui è ricco il glutine, non trova nell’organismo umano enzimi adatti alla digestione di questo aminoacido, che comunque è presente anche in altri alimenti quali lenticchie, asparagi, funghi, spinaci,, arachidi, nocciole, formaggi, carne (gran parte dei quali indicati nelle liste dei cibi
Le prolamine, come la gliadina nel grano, sono ricche di prolina e glutammina, due amminoacidi difficilmente digeribili che fanno parte della categoria di amminoacidi non essenziali, dal momento che l’organismo è in grado di sintetizzarli. È l’alto contenuto di prolina e glutammina presente nel glutine a impedire la corretta digestione la completa proteolisi da parte degli enzimi digestivi. Con il passare del tempo, nell’intestino tenue si accumulano oligopeptidi tossici, proteine contenenti fino a dieci amminoacidi. La prolina si degrada ad opera di un’ossidasi, che tramite l’intermedio glutammato-gamma-semialdeide, la converte in acido glutammico. Infine l’acido glutammico deve essere riconvertito in glutammina per giungere al cervello dove viene utilizzato per la sintesi proteica.
Questo aggrava la tolleranza da parte dell’organismo.
Perciò non parliamo di rischi della non assunzione se non quando si parla di autodiagnosi e autoprescrizione.
Una cosa è essere informati e orientarsi, un’altra è fare da soli.
Neanche noi medici siamo in grado di farlo, sarebbe un atto di presuntuosa arroganza che ci priverebbe anche della possibilità di confrontarci con un collega specialista che, invece, ci aiuta a creare quel campo di cura che facilita il processo di guarigione.