
Quando nel 1990 i neuroscienziati del MIT (Massachusetts Institute of Technology) scoprirono nel cervello dei topi l’Habit Loop, il rituale con il quale si svolge un’abitudine , fatto di segnale-rito-gratificazione, abbiamo capito qualcosa in più sul perché è così difficile per gli esseri umani cambiare abitudine e quindi, osservando come datori di cura, le difficoltà cui possono andare incontro i pazienti quando suggeriamo loro il cambiamento di un’abitudine nello stile di vita. Quando si tratta di raccomandazioni sulla salute, come fare esercizio quasi tutti i giorni, seguire una dieta varia e nutriente, mantenere l’indice di massa corporea nell’intervallo normale (18,5-24,9), dormire a sufficienza, non fumare e limitare l’alcol, ci rendiamo conto che sembra impossibile. Ma la ricerca suggerisce che ogni sforzo che si fa per cambiare è sempre utile, anche se si incontrano battute d’arresto o ci si ritrova a fare marcia indietro.
Cambiare è difficile ma le Neuroscienze hanno dato il là ad una serie di strategie psicoterapiche creando un sistema chiamato TTM ovvero modello transteoretico degli stadi di cambiamento.
Quesro modello fatto di varie fasi mette a fuoco la modalità con la quale affrontare il cambiamento. Dalla Consapevolezza che c’è la necessità di cambiare, al desiderio di farlo, alla conoscenza delle abilità richieste, alla capacità di mettere in pratica, al rinforzo, fase in cui sosteniamo questo atto di Volontà, come lo chiamava Roberto Assagioli, padre della Psicosintesi, fonte di tutta la Psisocologia umanistica contemporanea .
Gli Americani, che sono sempre molto concreti, hanno messo a punto l’acronimo che ci ricorda che cambiare è possibile: basta essere SMART ovvero intelligenti.
SMART sta per
Specific
Measurable
Achieavable (realizzabile)
Realistic
Timely
Un obiettivo piccolo e specifico (ad esempio non mangiare più la frutta dopo il pasto)
Che sia quindi misurabile: ovvero giorno per giorno segnamo l’avanzamento del proposito.
Realizzabile perché si ha la capacità di metterlo in atto. Realistico perché la nostra motivazione fa sì che la sua realizzazione sia possibile (esiste un test di valutazione dell’American College of Sport Medicine che ci fa comprendere quanto aderiamo con la nostra volontà e quindi sia realistico per noi il proposito). Che abbia un Tempo, quindi una scadenza che monitorata permetta di osservare i cambiamenti che l’attuazione del progetto ha messo in atto.
E come ricordava Assagioli, le vecchie cattive abitudini sono come un solco nel quale scivoliamo automaticamente. Per crearne di nuove occorre tracciare un nuovo solco, cominciando con la tecnica della sostituzione, a sostituire piccoli gesti con altri coerenti al nostro fine e sostenibili, finchè un nuovo solco non sarà tracciato e diverrà una nuova abitudine.
Ci vuole Pazienza, ma non troppa , perché i neuroscienziati ricordano che il “solco”è anche neurale, e il nuovo Loop per formarsi nel cervello e restare attivo ha bisogno di tre settimane, quei mitici 21 giorni necessari al cambiamento che si ritrovano in tutti gli insegnamenti Saggezza antica, e che oggi anche la Scienza riconosce come validi.