Oggi per scrivere mi sono fatta ispirare dalla “prova costume“. Sì, devo proprio scrivere della “prova” che ancora, incredibilmente in questi anni, dopo la caduta di quasi tutti i tabù, continua ad essere un “retropensiero” per molte donne, di una larga fascia d’età e , ahinoi, anche per molti uomini (anche se non hanno il coraggio di ammetterlo).
Allora, questo è il mese della salvezza, l’ultimo mese utile prima del debutto in spiaggia.
C’è chi ricorre alle lampade per evitare il drammatico effetto-latticino e sperare di riuscire a rendere meno doloroso l’impatto con lo specchio. Perché la cosa veramente drammatica non è il reale impatto che procureremo agli altri (credo che amici, conoscenti ed estranei abbiano tutt’altro a cui pensare che non alla nostra linea), ma quello che immaginiamo di noi, che non vedendoci, se non allo specchio, soffriamo alla memoria di quei rotolini che anni di sedentarietà hanno adagiato sui nostri fianchi.
A questo punto mi chiedo, ma chi ha inventato lo specchio ? Il diavolo, dice un antico saggio, il quale, volendo distrarre l’uomo dalle cose importanti, gli dette lo specchio perché potesse centrare su di sé l’attenzione e separarsi dal resto del mondo. Bè, in fondo non stento a crederlo. Lo specchio non ci rende sempre felici.
Ci fa consumare molta energia attentiva rivolta ad uno stato fisico che, troppo osservato, spesso può sfociare in una forma ossessiva, che può generare un disturbo alimentare in piena regola.
Ma chi ce lo fa fare ?
Attenzione mamme a come trattate il vostro fisico. Alla base di molti problemi alimentari degli adolescenti c’è l’esempio familiare, il messaggio che soprattutto le “nutrici” trasmettono. Se siete una mamma “nutrice”, insieme ai pasti fate passare il messaggio che il cibo serve a sostenere il corpo non ad altro, e che soprattutto ciascuno ha le sue forme e che queste si adattano e sono quindi coerenti allo stile di vita che conduciamo.
Potremmo dire che ognuno ha “il corpo che gli serve”. Questa osservazione dovrebbe far maturare una sana accettazione di sé che può portarci a non perdere troppa “vita” davanti allo specchio e a vestirci con divertimento magari esaltando qualche nostra caratteristica fisica che ci piace di più o addirittura che ci piace di meno per tornare a creare una relazione con quella parte, reintegrarla dentro di noi e vivere, senza dover affrontarla, la stagione più “scoperta” dell’anno.
Gentile dottoressa, mi chiamo Elena, ho 36 anni, non vado in palestra perché non amo questi luoghi, ma sono una che cammina abbastanza. Mi hanno parlato di scarpe che attivano la muscolatura in modo diverso e fanno bruciare più calorie. Lei che ne pensa ? è favorevole ? e quali marche andrebbero bene ?
Cara Elena,
a questa domanda dovrebbero rispondere i miei amici osteopati che guardano a queste scarpe con attenzione cercando di studiarne gli effetti posturali, sostenendo saggiamente che non si può alterare la tecnologia millenaria della deambulazione e soprattutto fuorviare l’attività di quel gioiellino di ingegneria che è il piede. Il fenomeno, un po’ modaiolo e un po’ salutista, ha fatto tam-tam promettendo
un serio aiuto nel rimodellamento della forma fisica. Devo ammettere che chi le ha inventate ha comunque avuto una bella idea: riprodurre la Masai Barefoot Technology, il modo di camminare a piedi nudi sui terreni irregolari, proprio dei Masai, popolazione originaria dell’Africa orientale, evidentemente nota per la deambulazione fluida e armoniosa, caratteristica invero di molte altre tribù afro.
Starci su all’inizio dà un senso di instabilità (mio figlio le chiama le “basculanti”) e in effetti questo accade, ma nel basculare, ahinoi, non fanno bruciare più calorie di quanto si possa fare con altre scarpe. Piuttosto, il gioco di nuovi equilibri provoca un gradevole effetto a beneficio della schiena, scaricando il peso sulla muscolatura posteriore della gamba, cosce, polpacci e caviglie, parti del corpo sollecitate in modo nuovo da questo tipo di calzatura.
Personalmente, usandole per lunghe camminate o occasioni in cui sono rimasta per qualche ora in piedi, ho potuto constatare un senso di minore stanchezza, soprattutto alle gambe.
Credo però che sia meglio evitare di indossarle tutto il giorno tutti i giorni. Questo può disabituare il piede e le caviglie a calzare altre scarpe (parlo soprattutto per le donne che ogni tanto sfoggiano tacchi e zeppe, proponendo una sollecitazione totalmente diversa alle estremità).
In attesa che le ricerche su questo prodotto definiscano meglio vantaggi e svantaggi del suo uso, camminare a piedi nudi resta sempre una grande risorsa, specie d’estate al mare sulla battigia. Resta uno degli esercizi più completi per il benessere del corpo. Anche solo un paio di volte la settimana, il corpo è benevolo, tesaurizza l’esperienza e si accontenta, come un buon somarello, di ciò che gli passiamo.
Meglio che niente.