La Vacanza, l’Anima Mundi e la frutta

8 agosto ore 18: location casale in Umbria, albero di fichi.

Qui il sole tramonta sul monte ed è uno spettacolo che ogni sera cerco di non perdere. Oggi ho scoperto che un piccolo albero di fichi è generosamente pronto ad elargire i suoi frutti e così con molta aspettativa mi sono piazzata sotto le sue fronde pronta ad allungare le mie braccia e a recuperare quei pochi fichi che oggi erano maturi. Coglierli, sbucciarli e assaporarli è come una meditazione e mentre lo faccio, il sole ancora alto, il vento forte agita le fronde e i miei capelli, mi accorgo che sono diventata un tutt’uno con l’albero.

I fichi di Salvatore - Claudio Cattaneo olio su tela 2002
I fichi di Salvatore - Claudio Cattaneo olio su tela 2002

Nella mia vita ho mangiato frutta “dal produttore al consumatore” solo poche volte. E’ successo con i fichi, con i mandarini, con le ciliegie e con i gelsi. E ogni volta è lo stesso rituale: la ricerca, l’impegno e poi la gioia della conquista. Quello che mi resta alla fine, insieme alla pancia piena, è gratitudine. E mi chiedo perché con la frutta comprata al supermercato non mi succede. Domanda sciocca ma spunto di riflessione su ciò che realmente mi nutre. Sotto l’albero mi sembra di essere clamorosamente collegata all’Anima Mundi, di essere Uno, di gioire come gioiscono gli uccelli quando beccano i frutti. E poi non c’è avidità, un solo frutto mi sazia quanto dieci frutti acquistati al mercato. Ciò che mi nutre è l’albero stesso, che mi accoglie tra i suoi rami, il colore delle foglie, la loro forma, l’aria che sussurra. I miei sensi sono totalmente coinvolti e tutto questo con un frutto su un piatto sulla mia tavola non può succedere. Sarà anche che la vacanza, la vacatio da condizionamenti, mi riconnette con l’istinto basico della sopravvivenza e so perfettamente quando, cosa e quanto mangiare. E allora in quel momento non esistono più cibi buoni o cattivi, amici o nemici, nutrienti utili o inutili. Tutto diventa cibo e tutto mi fa bene.

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