Torno sulla dieta Dukan perché sollecitata dai pazienti. Ho “almeno” letto il libro. Ebbene sì ho contribuito ad alimentare il fenomeno Dukan.
Anche se ho fatto dell’alimentazione un tema centrale della mia professione resto sempre dell’avviso che stiamo esagerando nel dare tutta questa attenzione al cibo. E’ una forma un po’ ossessiva quella della nostra società come ebbi a scrivere qualche tempo fa.

Comunque sia, leggendo il libro scritto in maniera molto semplice e diretta dal celebre dietologo, mi sono resa conto che condividiamo alcuni principi e che questa modalità un po’ artificiosa e complessa (le 4 fasi , l’attenzione al consolidamento e l’assunzione dell’impegno settimanale a lungo termine del regime proteico) sono il pretesto che lui ha trovato per sollecitare il paziente a rimanere presente a sé stesso, in materia di alimentazione. Un escamotage che funziona nella maggior parte dei casi e credo che vada a soddisfare il bisogno di quanti, con una vaga vena masochistica, abbiano bisogno di sapere che un giorno di sofferenza ed espiazione (così come abitualmente ciascuno di noi vede il sottoporsi ad un regime dietetico costrittivo) li farà sentire meno in colpa di fronte ad un “ pasto della festa”.
Pur non condividendo la scelta di forzare il corpo ad una dieta squilibrata iperproteica ci sono dei principi che condivido: ad esempio quello del prendersi cura in toto di sé. Inserire il movimento, ricordarsi di camminare per tutta la vita è un beneficio per tutta la struttura vitale non solo per la forma fisica; quello del considerare il corpo come un’entità intelligente che conosce bene i suoi limiti e i suoi bisogni, e che si metterà sulle difensive appena gli dichiariamo guerra affamandolo dei nutrienti di cui invece abbisogna. Un’ entità intelligente che appena potrà si metterà nuovamente al sicuro e cercherà di accumulare appena possibile quanto gli serve per non scivolare di nuovo nella sensazione di restare affamato. Questo è l’effetto che Dukan chiama l’immunità alle diete e che io ho sempre definito l’effetto della “memoria cellulare”. Chi fa diete nel tempo si “immunizza” e attiva resistenze alla perdita di peso, per me il corpo ha una memoria, che è la somma di quella delle sue cellule, che si abituano ad occupare uno spazio e che tenderanno a tornare allo status quo ante perché si è assunta quella forma abituale. Il corpo memorizza peso e forma e ci vuole un po’ di tempo per resettare la memoria e reimpostarla. Perciò l’unica cosa che aggiungerei se si decide di imbarcarsi in quest’avventura, potrebbe essere utile fare questa dieta a scaglioni per non stressare il corpo con un lungo periodo, graziosamente definito di crociera, ma in realtà pesantemente iperproteico e per abituare lentamente il corpo alla nuova forma che abbiamo deciso di fargli assumere. Una forma realistica e non idealistica (quella di quando avevamo trent’anni) e soprattutto cerchiamo di farla in un momento in cui abbiamo un buon equilibrio e siamo in grado di nutrire gli altri nostri livelli di “cibo” buono. Così metteremo a tacere le solite leve emotive e il corpo potrà affrontare questa nuova sfida senza dovere fare i conti con altre questioni sospese.